Il Castello di Montepò, un tempo baluardo a difesa dei confini del feudo, si trova nell’agro di Scansano, in provincia di Grosseto, circondato da boschi, ulivi e piccole alture della Maremma. Le sue fondamenta risalgono al X secolo mentre l’architettura sembra sia stata rimaneggiata dal grande architetto Baldassarre Peruzzi.
La proprietà di Montepò è costituita da circa 600 ettari di terreno di cui 50 vitati posti a un’altitudine tra i 300 e i 460 m.s.l.m. con esposizione a sud-sudovest, lungo i dolci pendii della Maremma toscana. E’ una tradizione storica che la Maremma produca le uve, fin dagli Etruschi, e la Tenuta, con la sua composizione dei terreni, la varietà dei microclimi e la vicinanza del mare, è adatta alla coltivazione di vari vitigni e alla produzione di vini di altissimo livello. Il Sangiovese Grosso BBS11, proprietà esclusiva della famiglia Biondi Santi, occupa il 70% dei suoli vitati mentre nel restante 30% crescono e maturano altre due varietà internazionali, sempre a bacca rossa, il Cabernet Sauvignon e il Merlot.
Le colline che compongono la Tenuta del Castello di Montepò sono l’esempio perfetto di cosa significhi, per un terreno, avere una profonda vocazione viticola. Geologicamente, infatti, i vigneti dell’azienda ricadono su suoli di origine marina del Flysch, una successione di rocce sedimentarie clastiche, di origine sin-orogenetica dell’Eocene, costituita da alternanze cicliche di livelli di arenaria, argilla e marna. Questi elementi concorrono a rendere i terreni magri e ricchi di scheletro, a cui si aggiungono, proprio sotto il Castello, intrusioni di arenarie compatte calcarifere di tipo pietraforte. Un patrimonio di elementi minerali e di fisica dei suoli che rende la Tenuta di Castello di Montepò un unicum di particolare rilevanza, in grado di caratterizzare profondamente la fisiologia della vite ed il suo adattamento all’habitat in regime di arido-coltura.
Nel vigneto il sistema di allevamento adottato è principalmente il cordone speronato su piante con età media di circa 20 anni. Nella prima decade di gennaio si inizia con la potatura invernale al fine di determinare il numero di gemme fruttifere per ciascuna pianta ed il conseguente carico produttivo. Dopo la stralciatura, cioè l’asportazione di tutto quello che è stato tagliato dalle viti, vengono legati i nuovi ceppi sostituendo al bisogno i pali di sostegno delle piante. Segue poi la lavorazione interfilare con la scalzatura degli interceppi che rimuove tutte le piante infestanti lavorando i filari in maniera alternata anche se viene lasciato un filare inerbito per facilitare le successive operazioni colturali e creare le necessarie condizioni di competitività del terreno. A maggio si effettua la potatura verde che regola la chioma e la produzione delle piante, mentre a luglio si effettua il diradamento, ultima operazione di rilievo prima che si raggiunga, a partire dalla seconda metà di settembre, il periodo della vendemmia che dura, mediamente, due settimane.
Al Castello di Montepò si lavora anche per accrescere la superficie vitata della Tenuta tramite un lungo e paziente lavoro di precisione; per ogni nuovo impianto è necessario preparare il terreno con due anni di anticipo, a cominciare dall’aratura e morganatura del terreno effettuato con l’erpice, una macchina agricola che aiuta a sminuzzare il terreno e a spianarlo. Segue poi la rippatura, cioè la spaccatura del terreno per farlo ossigenare in profondità, e la spietratura per renderlo più agevole alla coltivazione. Ultimate queste varie fasi si crea il sistema dei drenaggi delle acque e, dopo una ulteriore morganatura, si compone lo schema vero e proprio dei nuovi impianti, realizzato sulla base di esposizioni e inclinazioni dei terreni. Vengono impiantate le barbatelle, poi fissati pali, fili e ancore e si effettuano le semine contenitive soprattutto con favino, leguminose e colza per scongiurare il dilavamento del terreno e favorirne il giusto apporto nutritivo di generazione organica.
I boschi che circondano le medie e basse colline del Castello di Montepò sono importantissimi per la mitigazione delle temperature, per la protezione dal vento e dai diversi fenomeni atmosferici che avvengono durante l’anno. Il bosco, infatti, assorbe calore di giorno nelle ore più calde, rilasciando riparo e mitigazione nelle ore più fredde.
In questo paesaggio carico di storia Jacopo Biondi Santi, dopo uno studio da parte di un pool di professori dell’Università di Pisa e di Firenze sui terreni argilloscisti di origine eocenica, produce il clone di Sangiovese Grosso, il BBS11, patrimonio esclusivo della famiglia Biondi Santi che, oltre un secolo e mezzo fa, diede i natali al Brunello di Montalcino.
Per praticare una viticoltura di precisione la Tenuta si avvale di centraline di rilevamento meteo che raccolgono e conservano le misurazioni per le analisi comparative di medio e lungo periodo; questa raccolta dati raffigura l’andamento storico del microclima della Tenuta (umidità, temperature diurne e notturne, intensità e orientamento della ventilazione).
Per produrre vini di qualità superiore è necessario che ogni elemento che concorre allo sviluppo vegeto-produttivo delle piante, tra terra e aria, subisca il minor numero di interventi possibile. Un fine enologico che Jacopo Biondi Santi ha perseguito applicando nei vigneti della Tenuta di Castello di Montepò un regime che ricerca equilibrio e naturalità, centrato sui principi applicativi dell’aridocoltura. Razionalizzando e ottimizzando tutte le risorse idriche naturali disponibili, viene preservata l’integrità varietale delle piante, favorendo così una produzione quantitativamente contenuta ma di qualità elevata grazie alla maggior concentrazione di sostanze fondamentali come gli zuccheri e alcune peculiari sostanze aromatiche contenute nelle bucce. E’ nella dimensione dell’acino e nel rapporto buccia/polpa che, soprattutto, nelle uve a bacca rossa, si determina il risultato più importante, premessa necessaria al raggiungimento di quell’eccellenza produttiva che ha distinto e definito la reputazione produttiva di Castello di Montepò e di una famiglia. Piante in equilibrio, perfettamente integrate all’habitat naturale preesistente e la stessa composizione fisica oltre che minerale dei suoli, sono determinanti nel definire il valore enologico dei vini prodotti da Jacopo Biondi Santi.
Parliamo adesso della storia della famiglia Biondi Santi…
Giorgio Santi fu, tra il XVIII e XIX secolo, uno degli studiosi ed esploratori più importanti del suolo della natura toscana. Nato a Pienza nel 1746, si laureò in Medicina a Siena e studiò in Francia prima di rientrare a Firenze richiamato dal Granduca Pietro Leopoldo che, istituita una nuova cattedra di Scienze Naturali e Chimica, gli conferì l’incarico di professore all’Università di Pisa, dove fu anche direttore del Museo di Storia Naturale e prefetto dell’Orto Botanico. In uno scritto risalente al 1806 e che riunisce la cronaca dei suoi viaggi in Toscana, Giorgio Santi attestava già all’epoca la ricchezza naturalistica del territorio di Scansano e del Castello di Montepò, ponendo le radici di una nobiltà enologica legittimata da solide basi scientifiche che, un giorno, in Ferruccio Biondi Santi, avrebbe trovato la sua massima espressione. Ferruccio, infatti, impiantò il primo vigneto di Montalcino con viti di un clone selezionato di Sangiovese, denominato Sangiovese Grosso o Brunello, il primo passo verso un nuovo modo di vinificare che sarebbe entrato nella storia del vino italiano. Il figlio Tancredi, mosso dalla stessa curiosità e da spirito di innovazione, fu uno dei primi a creare il disciplinare della relativa DOCG e a creare l’usanza della Ricolmatura delle vecchie Riserve. Suo figlio Franco riuscì a rendere il marchio Biondi Santi un punto di riferimento nel mondo come eccellenza dell’artigianalità vinicola italiana. Questa preziosa eredità, frutto di oltre un secolo e mezzo di storia, è stata raccolta a sua volta dal figlio Jacopo che, grazie al suo impegno e alla sua volontà, ha reso la Tenuta e il Castello un unicum assoluto e di grandissimo pregio, dando vita a nuove tradizioni con vini dallo stile contemporaneo.
E’ qui, nel cuore della Maremma, che Jacopo Biondi Santi ha scelto il Castello di Montepò per svolgere il suo lavoro con esperienza, intuizione e rigore enologico, affiancato dai figli Tancredi, Clemente e Clio. Tancredi, ultimati gli studi di Viticoltura ed Enologia alla facoltà di Agraria di Firenze, ha affiancato il padre nella conduzione e nelle scelte amministrative dell’azienda di famiglia, curando in particolare i rapporti col mercato estero. Appassionato di viaggi e amante delle diverse culture, dal 2017 è protagonista del nuovo corso del Castello di Montepò, di cui ha reimpostato integralmente la gestione e coordina il team del progetto Montepò 2030.
E’ sempre in Maremma che il Sangiovese Grossi BBS11 ha trovato le condizioni ideali per essere allevato. Jacopo Biondi Santi , dopo attento studio da parte di ricercatori, geologi, agronomi ed enologi, ha raccolto dati preziosi per la conoscenza completa dei terreni, eccezionalmente vocati alla produzione di uve per vini di finezza e qualità superiori. Tra intuizione innata e rigore scientifico, Jacopo Biondi Santi ha cominciato a dare vita a nuovi vini di grande successo e spirito contemporaneo: con la vendemmia del 1991 è nato il Sassoalloro, nuova interpretazione del Sangiovese grosso BBS11 in purezza che mantiene però intatta la caratteristica longevità dei grandi vini toscani. Jacopo Biondi Santi voleva in buona sostanza produrre qualcosa di diverso dal Brunello partendo proprio dalla sua selezione clonale che dura da 200 anni; ha iniziato modificando la fermentazione delle uve per arrivare ad un vino con caratteristiche di profumi più intense e anche di colori. Nel 1993, con uve Sangiovese grosso BBS11, Cabernet Sauvignon e Merlot, nasce lo Schidione, specchio della filosofia innovativa, un vino “ponte tra Brunello e Sassalloro. Ha poi prodotto un Merlot in purezza chiamandolo Morione. Altre produzioni sono il rosè Jet da Sangiovese grosso BBS11 in purezza; il Braccale con Sangiovese grosso BBS11 e Merlot; il Morellino di Scansano con Sangiovese grosso BBS11 e Cabernet Sauvignon.
E’ possibile visitare tutto l’anno il Castello di Montepò prenotando online, negli orari indicati, la visita e la degustazione preferita tra le tre proposte: Ghibli, Tramontana e Maestrale. Le degustazioni dei vini seguono le stagioni: Autunno/Inverno (da novembre a marzo) e Primavera/Estate (da aprile a ottobre) con la variazione di alcuni vini posti in degustazione. Ogni giorno sono previsti due turni di degustazione alternati e in orari differenziati. Ogni degustazione prevede un minimo di 6 persone sino ad un massimo di 12. Le lingue utilizzate nel corso della visita e della degustazione tecnica sono inglese, francese e italiano.
A ciascun winelover ospite di Castello di Montepò viene consegnato un kit personalizzato a servizio della degustazione. Ogni formula di visita e degustazione ha orari prestabiliti ed un tempo di durata indicato nel form di prenotazione.
Nel Castello, su due diversi livelli, ci sono gli ambienti di affinamento del vino dove l’umidità e la temperatura sono costanti tutto l’anno affinchè ci siano le condizioni ideali per la maturazione in legno e in bottiglia di ciascun vino. Qui si trovano le grandi etichette di Castello di Montepò e l’ordine di visita per gli appassionati è il seguente: la barriccaia con botti e barrique di diversi formati, tutte selezionate secondo criteri direttamente impartiti da Jacopo Biondi Santi e dallo staff tecnico che lo affianca nella gestione del vino in cantina. Sulla selezione dei legni l’azienda ha compiuto una serie di sperimentazioni che si riassumono in soli tre fornitori di riferimento, di altissimo pregio ed esperienza produttiva: le francesi Taransaud e Francois Frères e l’austriaca Stockinger. Alle 4 grandi botti da 28,5, ettolitri e alle 6 famose T5, si aggiungono oltre un centinaio di barrique da 225 litri, sempre di media/leggera tostatura. L’utilizzo delle barrique è diversificato per vitigno e vino, in una ricetta che solo in pochissimi conoscono.
La collezione di vini Biondi Santi risalta pregio ed eccellenza e, con l’elegantissima etichetta con gli stemmi di famiglia, evoca un mondo araldico e cavalleresco. Vini destinati a durare in un mondo, quello della profonda Maremma e dell’agro di Scansano, dove le terre diventano vigne di leggenda.